Cos’è il Suono Analogico e come emularlo in Digitale
Cos è il Suono Analogico e come emularlo in Digitale

Cos’è il Suono Analogico e come emularlo in Digitale

Ahh il suono analogico! Il sogno e insieme l’incubo di chiunque lavori con l’audio e la musica.

Ma cos’è il suono analogico? Credo sia una di quelle domande a cui tutti credono inconsciamente di saper rispondere, ma nel momento in cui ci provano iniziano a sorgere dubbi esistenziali.

È come se ti chiedessi: cos’è il suono? Sono certo che lo sai, ma se ti chiedessi di spiegarmelo? Ecco, magari qua iniziano le magagne.

Ed ecco il perché di questo articolo, in cui cerco di dare una risposta oggettiva alla domanda cos’è il suono analogico?, e ti darò anche delle indicazioni su come poterlo ottenere facilmente all’interno della DAW, anche se lavori esclusivamente in digitale.

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Il Suono Analogico

Il Suono Analogico

Iniziamo con un minimo di contesto.

Volendo dare una definizione generalizzata potrei dire che il suono analogico è il risultato che si ottiene dalla registrazione e/o manipolazione sonora di un segnale audio, quando questo passa esclusivamente attraverso hardware fisici che lavorano in modo non-digitale.

Un po’ contorta eh? Te la metto in un altro modo allora.

Il suono analogico è quello che hai quando registri senza utilizzare un computer o hardware che lavorano internamente in digitale.

Non sono riuscito a spiegarmi manco così? Ok provo in un altro modo ancora.

Devi incidere un brano e vuoi farlo completamente in analogico. Come fai? Una strada potrebbe essere questa: registri tutti i musicisti direttamente su un registratore a nastro, fai il mix su un banco analogico collegato ad outboard fisico (compressori, eq, ecc.), e stampi il master direttamente su vinile.

Ok ho stra-semplificato, ma è giusto per indicarti una strada fattibile. Il succo della questione è che per avere il vero suono analogico, il segnale audio non deve MAI subire una conversione AD (analog-to-digital).

E bada che la conversione AD non avviene solo quando “entri” in un computer. Buona parte dei multi-effetto fisici da studio, anche se appunto fisici, internamente lavorano in digitale.

Alla luce di tutto ciò, ora che ci stiamo addentrando negli anni ’20 del terzo millennio, quante sono al mondo le produzioni veramente interamente analogiche? Percentualmente, prossime allo zero.

I motivi sono tanti ma potrei riassumerli così: costi e comodità.

Oggi è più probabile che una produzione sia principalmente digitale, piuttosto che principalmente analogica.

Ma allora come si può ottenere il tanto agognato calore analogico in una brano moderno? Semplicemente introducendo nella catena di produzione di una traccia gli elementi di corruzione sonora che fisiologicamente introducono (o introducevano…) registratori a nastro, vinili e similari.

Ti mostro i 3 più rilevanti.

Saturazione Armonica

Saturazione Armonica

Il primo è sicuramente la saturazione armonica.

Anche qua mi trovo costretto a dare un minimo di contesto introducendo rapidamente il concetto di saturazione e di armonica.

La saturazione è quel processo che “deforma” le onde sonore e ne modifica il timbro arricchendolo di ulteriori frequenze rispetto a quelle originali dalle quali è composto.

Un’armonica è invece una frequenza, tipicamente multiplo esatto di un’altra frequenza definita fondamentale, che sommata ad altre dello stesso tipo caratterizza timbricamente un suono.

Per dirla diversamente, la varietà dell’insieme di armoniche che accompagnano una fondamentale crea le differenze timbriche che ci permettono di distinguere ad esempio un pianoforte da una chitarra, anche se eseguono la medesima nota (stessa frequenza fondamentale, ma distribuzione armonica differente).

Mettendo insieme questi concetti è relativamente semplice capire a cosa ci si riferisce con saturazione armonica. Si tratta in sostanza di un processo naturale delle apparecchiature che lavorano esclusivamente nel dominio analogico, che distorcono il segnale che le attraversa introducendo frequenze aggiuntive che hanno rapporti armonici col segnale originale.

Il risultato è un suono più pieno, perché di fatto le armoniche “riempiono” gli spazi vuoti, timbricamente parlando. Questo si traduce nella percezione di un suono più ricco e più piacevole.

Per emulare tale caratteristica in digitale è sufficiente utilizzare effetti che introducono questo tipo di corruzione. Te ne parlo meglio a fine post, intanto passiamo al secondo punto.

Rumore e Fruscio

Rumore e Fruscio

Nelle apparecchiature analogiche il segnale audio deve passare attraverso componenti che inesorabilmente aggiungono allo stesso fruscio e rumori di varia natura.

Un brano prodotto esclusivamente in digitale potrebbe potenzialmente non avere manco mezzo dB di rumore, in analogico è fisicamente impossibile. Se hai l’orecchio tarato per un certo tipo di musica, prodotta magari trent’anni fa in analogico, e oggi vuoi replicarne il sound ma lavorando in digitale, il rumore è un parametro da tenere in considerazione.

I primi plugin per le DAW che cercavano di emulare processori di segnale analogici non facevano altro che aggiungere al segnale un rumore bianco o giù di lì.

Ora le emulazioni software di hardware fisici sono estremamente più sofisticate e riescono a emulare il rumore intrinseco peculiare di ogni specifica apparecchiatura in modo a volte indistinguibile dall’originale.

Non più quindi un rumore bianco sterile, ma un rumore modellato timbricamente anche in funzione dell’audio che viene trattato. Spesso modellato anche dinamicamente, nel senso che il rumore introdotto da un plugin non è sempre uguale, ma muta in funzione di come vengono modificati i parametri di quel dato plugin.

E con questo ci colleghiamo al terzo punto che voglio trattare.

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Non Linearità

Non Linearità

Il bello del suono analogico è dovuto anche alla non linearità nel comportamento delle macchine fisiche.

Provo a spiegare questo concetto con un esempio.

Lavori in digitale, e devi banalmente scegliere il volume di un canale nella tua sessione multi-traccia sulla DAW. Su quel canale hai magari applicato in insert qualche processore di dinamica digitale. Se scegli di tenere il livello del canale a un valore piuttosto che a un altro, l’unica conseguenza sarà quella di sentirlo a un volume piuttosto che a un altro.

Il ragionamento non fa una grinza, no?

In una catena completamente analogica col cavolo che funziona così.

Se fai entrare il tuo segnale su un mixer analogico a un livello o a un altro, anche se per tutta la channel strip non esegui nessun intervento, avrai risultati diversi in funzione del livello in ingresso.

Potrebbe cambiare in modo radicale il rapporto segnale / rumore, la risposta timbrica agli estremi dello spettro, la saturazione armonica e così via. Ecco perché la fase di gain staging è così importante quando si lavora in analogico, ancora di più che in digitale.

Come fai allora a capire per ogni hardware qual è il miglior livello sul quale tenersi? Eh, lo provi! 🙂

Non lineare applicato nel nostro contesto assume il significato di imprevedibile.

Applichi gli stessi parametri sul tuo outboard a due tracce anche solo leggermente differenti e ottieni risultati parecchio differenti.

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Audio Analogico vs Audio Digitale

Audio Analogico vs Audio Digitale

Il crocevia tra audio analogico e audio digitale, con tutto quello che ne è conseguito, è iniziato grossomodo negli anni ’80.

Negli anni ’90 c’è stato un cambio di passo che si è fatto esponenzialmente più rapido a partire dai primi 2000.

Fino ad allora i produttori di hardware si sforzavano di creare prodotti sempre più trasparenti, con meno saturazione armonica, meno rumore e più lineari (alcuni ancora seguono questa strada, ma in tanti hanno preferito focalizzarsi su modelli dal colore e dal comportamento caratteristici).

Per tutti gli anni ’90 e i primi 2000 anche i produttori di software audio hanno cercato di realizzare prodotti ultra-precisi e ultra-puliti. In pratica sono proprio queste caratteristiche che hanno spinto tanti professionisti e amatori del settore audio a fare il salto da analogico a digitale.

Oggi le cose sono un pochino cambiate, si è diventati nostalgici, e una volta raggiunta una pulizia e linearità quasi assoluta, ci si è guardati indietro e si è capito che i prodotti del passato non sono da dimenticare, anzi.

La tendenza odierna è quella di replicare nel modo più accurato possibile modelli di hardware storici, modellandone il comportamento per creare dei software che siano copie 1 a 1 della macchina analogica.

Quando ho iniziato ad affacciarmi al mondo della post produzione audio digitale, buona parte dei software di questo tipo in commercio erano, se paragonati alla controparte analogica, al limite del ridicolo.

Oggi invece anche un orecchio super esperto fatica – o non riesce proprio – a distinguere l’azione dell’originale fisico dalla copia digitale, e questo è vero non solo per uno o due, ma per tantissimi plugin emulazione analogica.

Il Mixaggio Analogico sulla DAW

Il Mixaggio Analogico sulla DAW - Universal Audio LUNA

Lo dico consapevole di esprimere un parere non condiviso dai più conservatori: si può effettuare un mixaggio e un mastering “analogico” anche su una DAW.

Il digitale è meglio dell’analogico perché costa meno, permette di lavorare più velocemente, è replicabile ed è più preciso.

L’analogico è meglio del digitale perché è “colorato”, è caldo e più intimo.

Unisci il meglio dei due mondi e hai le emulazioni digitali dell’analogico, la classe di prodotti più utilizzata attualmente per la produzione audio in qualsiasi genere musicale e in qualsiasi fascia di budget.

Sono queste le armi che hai a disposizione per ottenere il suono analogico anche se lavori esclusivamente su un computer.

Puoi concretamente applicare questi concetti alle tue produzioni in innumerevoli modi.

Puoi scegliere di usare una DAW generalista (come Cubase) e caricarci dentro plugin VST emulazioni di hardware specifici. In questo caso hai solo l’imbarazzo della scelta, esistono centinaia – se non migliaia – di plugin che, emulando le controparti analogiche, introducono saturazione armonica, rumore e imprevedibilità.

Puoi in alternativa usare una DAW pensata appositamente per il mixaggio analogico in the box, come MixBus, oppure Luna, l’ultima arrivata nell’ecosistema Universal Audio.

Ovviamente parto dal presupposto che già conosci e sai usare le varie categorie di processori di segnale utili per il mix e il master (compressori, equalizzatori, limiter ecc.). In caso contrario ti posso insegnare io come usarli 😉

Ad ogni modo, tirando le somme posso riassumere l’intero contenuto di questo articolo in modo secco dicendo che: il vero suono analogico lo si ottiene usando esclusivamente apparecchiature che non effettuano conversioni analogico/digitali, ma allo stesso tempo si può raggiungere un risultato paragonabile utilizzando le migliori emulazioni analogiche software oggi in commercio.

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